Mais ai blocchetti di partenza: l’incognita piogge

Le piogge cadute nella prima settimana di aprile non hanno apportato la quantità di acqua che promettevano, ma le superfici attese a mais si prevedono comunque in aumento per fronteggiare il calo delle importazioni

Dopo oltre 100 giorni di siccità al Nord Italia qualche pioggia è giunta a parziale ristoro, subito seguita però da ampie schiarite su quasi tutte le aree maidicole della valle del Po. Stando alle attuali previsioni, la settimana di Pasqua sarà ancora avara di piogge consistenti, concedendo solo sporadiche precipitazioni localizzate e di scarsa entità. Le temperature medie sono però ormai sufficienti per la semina, quindi il momento appare propizio per le primissime pratiche colturali del mais, ovvero semina, distribuzione localizzata di fertilizzanti e/o geoinsetticidi, come pure diserbi di pre-emergenza.
L’incertezza del momento ha quindi diverse ragioni d’essere, come pure è alimentata da molteplici cause. Da un lato, il conflitto russo-ucraino ha indotto ad aumentare le superfici europee e italiane da seminare a mais, coltura fondamentale per il sostegno delle filiere zootecniche interne. Quindi è prevedibile anche un aumento del prezzo. Dall’altro i costi dei fertilizzanti e l’avarizia idrica attuale alimentano comprensibili preoccupazioni nei maiscoltori in procinto di seminare.
Dal punto di vista delle superfici, l’Unione europea avrebbe sbloccato la coltivazione di quasi quattro milioni di ettari che attualmente risultano a riposo. Di questi circa 200mila ettari sarebbero in Italia, permettendo quindi una veloce riconversione a terreni produttivi. Fra le colture che nel Belpaese potrebbero essere selezionate in tal senso è soprattutto il mais a giocare la parte del leone, con stime di oltre 70mila ettari che dovrebbero andare ad aggiungersi a quelle del 2021. Di questi circa 20mila ettari in più sarebbero attesi in Emilia-Romagna, mentre in Piemonte l’incremento di superfici potrebbe superare i 17mila ettari, seguiti dagli 11mila circa della Lombardia e dai 10mila annunciati in Campania. Gli attuali scenari hanno infatti indotto modifiche ai piani di semina tradizionali di regioni che di mais ne hanno sempre seminato poco, essendo più idonee alla coltivazione di colture differenti, come per esempio il pomodoro da industria.

Forte quindi la domanda di mais e la conseguente risposta dei mercati interni attraverso maggiori superfici coltivate. Bene però considerare anche la pianificazione delle semine e delle successive irrigazioni, poiché la primavera potrebbe sì rivelarsi generosa di piogge, sommando a quelle di stagione anche parte di quelle non pervenute nei mesi invernali, ma dal mese di giugno in poi non è affatto sicura una disponibilità idrica pluviale sufficiente. A conferma, stando alle statistiche elaborate su base pluriennale, in Europa il triennio 2018-2020 è stato il più siccitoso dal 1776. Ciò ha assottigliato le riserve idriche sotto forma di neve in quota, inducendo pericolosi abbassamenti dei grandi laghi del Nord fin dal mese di marzo. Ciò ha limato le riserve che di solito si rendono disponibili in estate per alimentare le reti irrigue. Riserve che difficilmente potranno essere ricostituite completamente nei prossimi due mesi.
Se quindi si vuole cogliere al meglio le opportunità offerte dal recente aumento nella domanda di mais, bene sarà organizzarsi per tempo con i più opportuni sistemi di irrigazione, calcolando al meglio sia i momenti di intervento, sia le quantità di acqua da erogare. Come pure appare fondamentale saper scegliere gli ibridi più raccomandabili in funzione delle specifiche aree, nonché dell’accesso o meno alle reti irrigue.